LA RICERCA ALCHEMICA E LA PIETRA FILOSOFALE

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La sfinge

Il voler comprendere la propria natura e la propria origine è un profondo desiderio degli esseri umani che ha spinto gli scienziati a studiare il corpo umano e la psiche, la natura e l’Universo nel quale viviamo; filosofi a dissertare sull’origine e il fine delle cose; pittori e poeti a rappresentare le bellezze del mondo; religiosi a cercare di comprendere il divino grazie al loro sforzo personale e ad alcune importanti rivelazioni avvenute sia nel mondo occidentale che orientale. Questo profondo desiderio di conoscenza della propria origine e della propria fine si è tradotta e si traduce in azione, nel movimento di andare alla ricerca di una risposta alle eterne e vive domande poste dalla tacita Sfinge al viandante pellegrino: “Chi sei, da dove vieni, dove vai?”.

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Tavola con alcuni simboli alchemici

Nel Medioevo e nel Rinascimento l’Alchimia fu l’espressione sapienziale della conoscenza capace di studiare le profondità dell’essere umano, delle sue origini e della sua coscienza per trasformarla grazie a dei procedimenti. Fu un’espressione parziale di quella Sapienza la cui origine si perde nella notte dei tempi, fondata su principi espressi dietro al velo dei simboli in testi definiti appunto “Alchemici”. I simboli, i poemi e gli scritti di criptica interpretazione, servirono per lavorare e per preservare le operazioni che gli alchimisti svolgevano, in un periodo in cui lo scrivere e il parlare potevano mettere a rischio la loro stessa vita. E al tempo stesso perchè il lavoro di decifrazione aiutava l’elaborazione di un pensiero più elevato, più informale.

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Ermete Trismegisto – Duomo di Siena

L’Alchimia fu l’eredità e l’approfondimento di un filone sapienziale che nella remota antichità fu trasmessa nelle Università dei Sumeri oltre 3000 anni prima della venuta di Cristo. Si insegnò nei collegi dell’antico Egitto nelle città di Menfi e di Tebe,  nelle scuole e nei seminari ellenici di Ermete Trismegisto, fra gli Esseni del Mar Morto a Qumran, fra i Terapeuti citati da Filone di Alessandria, ecc. Giunse inizialmente in Europa tramite la traduzione di testi arabi e lo stesso vocabolo Alchimia ha origine dalla lingua araba: alchimia deriva dall’arabo al-kīmiyya o al-khīmiyya (الكيمياء o الخيمياء), composto dall’articolo determinativo “al” e dalla parola kīmiyya che significa “chimica” e che a sua volta, sembrerebbe discendere dal termine greco khymeia (χυμεία) che ha tra i suoi significati “fondere”, “colare insieme”, “saldare”, “legare”.

Verso il XIII secolo iniziò a prodursi una vera e propria letteratura alchemica occidentale, che ha fissato i capisaldi della filosofía alchemica grazie a figure del calibro di Ruggero Bacone, Raimondo Lullo, Arnaldo di Villanova, Gichtel, Paracelso, Nicola Flamel, Cagliostro, ecc.

Laboratorio_Alchemico

Laboratorio Alchemico

Gli Alchimisti lavoravano dunque con una certa tranquillità in laboratori adatti al trasmutare i metalli vili in metalli nobili, facendo cambiare la loro natura. Molti hanno ritenuto questi lavori da compiersi solo in senso materiale, studiandone i processi chimici: ma l’Alchimia ha una sua valida efficacia solo se la si considera quando si rivolge all’interiorità dell’essere umano e alla sua splendida e complessa costituzione.

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La navata centrale del Duomo di Siena

L’Alchimia si occupa sia della sostanza fisica delle cose, ovvero della materia sensibile, ma soprattutto degli aspetti più importanti del composto umano, la materia intelligibile ovvero dell’anima e dello spirito, sino al giungere alla chimica moderna ed alla fisica atomica (T.Palamidessi, “ALCHIMIA COME VIA ALLO SPIRITO” – pag.3). Gli alchimisti utilizzarono un linguaggio con espliciti riferimenti alla natura, all’astrologia, alla metallurgia, alla fisica e alla chimica e numerosi sono stati i riferimenti lasciati in ambito artistico specialmente tramite tavole, sculture, mosaici, talvolta poste all’interno delle stesse strutture religiose come accadde nello splendido Duomo di Siena e in altre Chiese.

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Alcuni simboli utilizzati in Alchimia

Alambicco, mantici, athanor, mercurio, sale, solfo, luna, fuoco magico, furono solo alcuni dei simboli usati da questi ricercatori della Pietra Filosofale o Elisir, in relazione al realizzare il “Capolavoro della Natura aiutata dall’industria umana”. Gli alchimisti utilizzarono anche l’aiuto delle erbe per lo svolgimento di questi lavori e lo studio della fitoterapia fu parte integrante del sapere alchemico.

L’obiettivo principe degli alchimisti fu dunque la realizzazione della così detta “Grande Opera”, cercando di arrivare a possedere la così detta “Pietra Filosofale”, ovvero una “Pietra magica”, capace di trasmutare tutti i metalli vili nell’oro purissimo, così splendente da essere simile alla natura divina.

cubo_piramideLa “Pietra filosofale” viene mostrata nell’iconografia nella forma di una piramide posta su di un cubo, ovvero una “Pietra cubica a punta”: questo schema è in relazione al quadrato sormontato dal triangolo che può essere legato ad un altro simbolo lo Zolfo alchimistico ovvero una croce sormontata da un triangolo: simboli costruiti ad arte dai sapienti alchimisti.

Tantissimi furono i cercatori della “Pietra Filosofale” di cui alcuni furono uomini di grande erudizione e fede come San Tommaso d’Acquino ed il suo maestro Sant’Alberto Magno detto Doctor Universalis. Entrambi furono predicatori dell’ordine monastico Domenicano e ci hanno lasciato dei testi di pregio e valore che testimoniano la vicinanza della Tradizione Alchemica Medievale con il Cristianesimo: i veri alchimisti sono stati degli uomini di purezza e di misticismo e furono profondi conoscitori dell’Ermetismo. Allo stesso Aquino sono attribuibili alcuni testi alchemici tra cui spicca per erudizione “LA PIETRA FILOSOFALE”.

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San Tommaso d’Acquino

Una leggenda medievale raccontava che i due dottori della Chiesa si conoscessero e che il patrimonio sapienziale di San Domenico comprendesse proprio il secretum secretorum, la perfezione terrena, la così detta “Pietra Filosofale”. Questo misterioso arcano fu consegnato ad Alberto Magno, che lo riveló poi al suo discepolo Tommaso d’Aquino.

Proseguiremo a parlare di “LA PIETRA FILOSOFALE E IL MAGISTERO DEL SOLE”, giovedì 25 giugno alle ore 21,30 in via Paleologi 24 a Casale Monferrato. Ingresso libero. Per informazioni, telefono 0142.71319.

L’ATHANOR: FORNELLO PER IL FUOCO FILOSOFICO

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Un fornello alchemico in un testo arabo

L’Alchimia è sempre stata associata nell’immaginario collettivo alla ricerca di un metodo da parte di alchimisti del medioevo e del rinascimento per trasformare il piombo o i metalli vili in oro.

In realtà la pratica alchemica ha un’origine ben più lontana nel tempo e si può attribuire a sapienti popoli del passato, la cui conoscenza ha fatto parte di una catena ininterrotta, un filone sapienziale i cui anelli appartengono all’epoca atlantidea, caldea, egiziana, greca, romana, araba, cinese e italico medievale.

Un’origine che risale così addietro la spirale del tempo aveva come patrimonio il custodire delle profonde verità che dietro al velo dei simboli consentivano a chi lavorava nei laboratori alchemici, di cercare di ottenere la così detta pietra filosofale attraverso il passaggio di diverse e importanti fasi.

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Un laboratorio alchemico arabo

Secondo un testo arabo alchemico dell’XI secolo tra l’altro le piramidi venivano considerate come dei laboratori alchemici, anche in virtù della loro progettazione, la cui forma a base quadrata e facce triangolari è anche profondamente simbolica: il 4 era in relazione alla materia, ai quattro elementi, al mondo. Il tre alla Trinità divina (riconosciuta ad esempio in Osiride, Iside e Horus) e il vertice era associato al Sole che con i suoi raggi, i lati della piramide, giungeva ad illuminare la terra, la base, la vivificava e  trasformava. In alcuni casi, il vertice della piramide era d’oro a simbolizzare la divinità e le facce della piramide erano ricoperte di calcare bianco.

Una delle operazioni o fasi fondamentali nell’arte alchemica medievale era la distillazione, le cui origini si fanno risalire all’Egitto e alla Persia per poi essere trasmesse agli Arabi.  E’ una delicata operazione che come tutte le fasi alchemiche può essere interpretata per allegoria in senso più esteriore e fisico oppure in senso più profondo, intimo e spirituale: l’Alchimia può essere infatti definita anche la Scienza dell’Io profondo ed utilizza un linguaggio quasi sempre simbolico per essere praticata e trasmessa, ponendo la coscienza dell’uomo e della donna, al centro dei suoi lavori.

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La distillazione alchemica in Cina

La distillazione è l’operazione capace di separare gli elementi ovvero una sostanza dall’altra, portando un liquido allo stato di vapore per poi ricondensarlo ed ottenerne come estratto l’essenza, vocabolo derivante dal latino “essentia”, derivato di “esse”, “essere”. Un obiettivo dei lavori alchemici era infatti “l’energizzamento” ed il risveglio dell’Io nell’individuo. L’essenza così estratta rappresentava dunque la componente migliore della materia originaria di partenza, privata di tutti gli aspetti più grezzi, pesanti e volgari.

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Athanor Manoscritto Arabo conservato presso il British Museum

Nel laboratorio alchemico, l’alchimista utilizzava mortai, crivelli, crogiuoli, alambicchi, storte, disponeva cioè di vari strumenti utili per il suo lavoro. Tra di essi, un altro oggetto importante per svolgere l’Opera era rappresentato dal così detto Athanor o Athanar o fornello, perchè senza il calore del fuoco nessun lavoro alchemico sarebbe stato possibile e in particolare la distillazione sarebbe stata impossibile. Una proprietà utile al funzionamento di questo fornello era la lentezza: doveva essere costruito in modo da funzionare con poco fuoco, doveva cioè essere alimentato da una fiamma tenue e lavorare costantemente. In questo fornello il sapiente alchimista sapeva che il fuoco doveva bruciarvi senza tregua, fino alla perfezione dell’elisir.

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Marsilio Ficino

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La Tavola Smeraldina

I testi alchemici fanno parte di una cosiddetta “Via degli Alchimisti” percorsa in Occidente da coloro che calcarono la tradizione Ermetico-Alchimistica e di cui la letteratura Ermetica ne rappresentò il corpo dottrinale. Nel 1463 fu Marsilio Ficino (Figline Valdarno, 19 ottobre 1433 – Careggi, 1º ottobre 1499), filosofo, umanista e astrologo italiano che tradusse dal greco al latino i 14 trattati del Corpus Hermeticum, raccolta di scritti attribuiti alla figura sacra e leggendaria di Ermete Trismegisto. Questo trattato considerava la natura come un corpo sacro e vivente, un grande organismo che racchiude in sè i corpi che vi albergano, dotata di un’anima e di un’essenza divina. Una natura che considerava il rapporto tra un grande mondo o macrocosmo e un piccolo mondo identificato dall’uomo detto anche microcosmo e che vi identificava puntuali corrispondenze: secondo questo principio ermetico l’uomo sarebbe specchio dell’Universo.

Proseguiremo a parlare dell’Athanor e del fuoco filosofico in un approfondimento ad ingresso libero che si terrà il 18 giugno 2015 alle ore 21,30 presso la Sede dell’Associazione Archeosofica in via Paleologi, 24 a Casale Monferrato. Per ulteriori informazioni sulla serata potete telefonare al numero 0142.71319.