
Un fornello alchemico in un testo arabo
L’Alchimia è sempre stata associata nell’immaginario collettivo alla ricerca di un metodo da parte di alchimisti del medioevo e del rinascimento per trasformare il piombo o i metalli vili in oro.
In realtà la pratica alchemica ha un’origine ben più lontana nel tempo e si può attribuire a sapienti popoli del passato, la cui conoscenza ha fatto parte di una catena ininterrotta, un filone sapienziale i cui anelli appartengono all’epoca atlantidea, caldea, egiziana, greca, romana, araba, cinese e italico medievale.
Un’origine che risale così addietro la spirale del tempo aveva come patrimonio il custodire delle profonde verità che dietro al velo dei simboli consentivano a chi lavorava nei laboratori alchemici, di cercare di ottenere la così detta pietra filosofale attraverso il passaggio di diverse e importanti fasi.

Un laboratorio alchemico arabo
Secondo un testo arabo alchemico dell’XI secolo tra l’altro le piramidi venivano considerate come dei laboratori alchemici, anche in virtù della loro progettazione, la cui forma a base quadrata e facce triangolari è anche profondamente simbolica: il 4 era in relazione alla materia, ai quattro elementi, al mondo. Il tre alla Trinità divina (riconosciuta ad esempio in Osiride, Iside e Horus) e il vertice era associato al Sole che con i suoi raggi, i lati della piramide, giungeva ad illuminare la terra, la base, la vivificava e trasformava. In alcuni casi, il vertice della piramide era d’oro a simbolizzare la divinità e le facce della piramide erano ricoperte di calcare bianco.
Una delle operazioni o fasi fondamentali nell’arte alchemica medievale era la distillazione, le cui origini si fanno risalire all’Egitto e alla Persia per poi essere trasmesse agli Arabi. E’ una delicata operazione che come tutte le fasi alchemiche può essere interpretata per allegoria in senso più esteriore e fisico oppure in senso più profondo, intimo e spirituale: l’Alchimia può essere infatti definita anche la Scienza dell’Io profondo ed utilizza un linguaggio quasi sempre simbolico per essere praticata e trasmessa, ponendo la coscienza dell’uomo e della donna, al centro dei suoi lavori.

La distillazione alchemica in Cina
La distillazione è l’operazione capace di separare gli elementi ovvero una sostanza dall’altra, portando un liquido allo stato di vapore per poi ricondensarlo ed ottenerne come estratto l’essenza, vocabolo derivante dal latino “essentia”, derivato di “esse”, “essere”. Un obiettivo dei lavori alchemici era infatti “l’energizzamento” ed il risveglio dell’Io nell’individuo. L’essenza così estratta rappresentava dunque la componente migliore della materia originaria di partenza, privata di tutti gli aspetti più grezzi, pesanti e volgari.

Athanor Manoscritto Arabo conservato presso il British Museum
Nel laboratorio alchemico, l’alchimista utilizzava mortai, crivelli, crogiuoli, alambicchi, storte, disponeva cioè di vari strumenti utili per il suo lavoro. Tra di essi, un altro oggetto importante per svolgere l’Opera era rappresentato dal così detto Athanor o Athanar o fornello, perchè senza il calore del fuoco nessun lavoro alchemico sarebbe stato possibile e in particolare la distillazione sarebbe stata impossibile. Una proprietà utile al funzionamento di questo fornello era la lentezza: doveva essere costruito in modo da funzionare con poco fuoco, doveva cioè essere alimentato da una fiamma tenue e lavorare costantemente. In questo fornello il sapiente alchimista sapeva che il fuoco doveva bruciarvi senza tregua, fino alla perfezione dell’elisir.

Marsilio Ficino

La Tavola Smeraldina
I testi alchemici fanno parte di una cosiddetta “Via degli Alchimisti” percorsa in Occidente da coloro che calcarono la tradizione Ermetico-Alchimistica e di cui la letteratura Ermetica ne rappresentò il corpo dottrinale. Nel 1463 fu Marsilio Ficino (Figline Valdarno, 19 ottobre 1433 – Careggi, 1º ottobre 1499), filosofo, umanista e astrologo italiano che tradusse dal greco al latino i 14 trattati del Corpus Hermeticum, raccolta di scritti attribuiti alla figura sacra e leggendaria di Ermete Trismegisto. Questo trattato considerava la natura come un corpo sacro e vivente, un grande organismo che racchiude in sè i corpi che vi albergano, dotata di un’anima e di un’essenza divina. Una natura che considerava il rapporto tra un grande mondo o macrocosmo e un piccolo mondo identificato dall’uomo detto anche microcosmo e che vi identificava puntuali corrispondenze: secondo questo principio ermetico l’uomo sarebbe specchio dell’Universo.
Proseguiremo a parlare dell’Athanor e del fuoco filosofico in un approfondimento ad ingresso libero che si terrà il 18 giugno 2015 alle ore 21,30 presso la Sede dell’Associazione Archeosofica in via Paleologi, 24 a Casale Monferrato. Per ulteriori informazioni sulla serata potete telefonare al numero 0142.71319.