DIVINA COMMEDIA: LIBRO DEGLI ANGELI (alcuni estratti di F.Naldoni)

Nella Divina Commedia si parla di Angeli dall’inizio alla fine: quest’opera può essere considerata come un vero e proprio trattato di angelologia. Si potrebbe dire che quella dottrina nascosta “sotto il velame de li versi strani” abbia una stretta attinenza proprio con gli Angeli.

L’arte della poesia celebra questi Esseri soprannaturali nel modo più esemplare con le rime allegoriche del Sommo Poeta Dante Alighieri, che ne fa dei custodi premurosi sempre presenti nei momenti più significativi del suo mistico viaggio.

Salita all'Empireo di Hjeronymus Bosch

Salita all’Empireo, di Hjeronymus Bosch. Gli angeli custodi accompagnano le anime che attraversano il tunnel che conduce alla luce.

La Divina Commedia, il capolavoro di Dante, è universalmente ritenuta una delle più grandi opere della letteratura di tutti i tempi, nonché una delle più importanti testimonianze della civiltà medievale, tanto da essere conosciuta e studiata in tutto il mondo.

Gli Angeli assistono il cammino che Dante persegue da vivo, in pieno possesso delle sue capacità volitive, tutto volto a liberarsi delle conseguenze spirituali derivanti dal peccato per presentarsi puro e disposto a salire alle stelle, a passare dal desiderio del bene alla sua realizzazione in sé stesso che prevede un cambio di natura, per conformarsi in quella angelica. Ecco che in questa ottica gli Angeli nel Paradiso non indicano più soltanto la via ma si fanno scala, la strada che Dante percorre per arrivare alla beatifica visione della Trinità divina.

Mentre nell’immaginario della letteratura e dell’arte nella Commedia il luogo che incute maggior timore è l’inferno: descritto come pieno di fuoco e fiamme, dove diavoli orribili e crudeli tormentano i dannati con pene di ogni genere, secondo la gravità delle colpe commesse durante la vita. L’inferno è quel luogo dove le anime patiscono “nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e i suoi angeli” (Matteo 25, 41). Quel luogo formatosi con la caduta di Lucifero, come spiega Virgilio a Dante, la patria degli angeli caduti che nella Divina Commedia sono sempre in relazione alle passioni che tengono imprigionato l’uomo e lo tormentano.
Nell’inferno di Dante le anime come lo furono in vita continuano a essere in balia delle suddette passioni e vengono tormentate dal fuoco dei demoni, il fuoco della passione rivolta al vizio, in un eterno supplizio.
Sembrerebbe quindi il regno del fuoco e invece, sorprendentemente, il luogo più infero dell’Ade vede il principe di questo regno, Lucifero, bloccato nel ghiaccio con le sue sei ali che diffondono il gelo nelle anime dei dannati anche loro bloccate nel ghiaccio, ultimo supplizio prima di essere divorate, dopo che il fuoco delle passioni rivolto verso i vizi hanno reso di ghiaccio il loro cuore, non alimentando l’ardore verso Dio.

Dante Alighieri

Dante Alighieri

E qui infatti si trova il centro di gravità che tiene ancorate le anime alla terra e qui si trovano le anime di coloro, che come Lucifero, peccarono di superbia con il loro tradimento.
Ma per Dante questo centro di gravità, questo infero regno del ghiaccio diventa la porta di uscita dall’Inferno, attraverso un punto che Virgilio rivela essere il Golgota, in un cammino di elevazione che lo porta a morire ai vizi, completando la mortificazione che caratterizza la prima cantica della Commedia.

Com’io divenni allor gelato e fioco,
nol dimandar, lettor, ch’i’ non lo scrivo,
però ch’ogne parlar sarebbe poco.

Io non mori’ e non rimasi vivo:
pensa oggimai per te, s’hai fior d’ingegno,
qual io divenni, d’uno e d’altro privo.

All’interno del Canale YouTube “Parliamo di Archeosofia” con Franco Naldoni e amici studiosi e ricercatori proseguiremo ad approfondire l’argomento.